Identità
In Cadore verso il XII° secolo si configura già una organizzazione
giuridico amministrativa paragonabile con l'Ente attuale, dotato
di quegli organismi che sostanzialmente esistono tuttora.
Sono operativi la fabula o Assemblea generale delle Famiglie
regoliere; la banca cioè l'organo di gestione, formato dal marìgo
(l'attuale caporegola), dai laudatori (gli amministratori); i
saltaci (guardie forestali), con compiti di vigilanza sull'uso
corretto dei boschi e dei terreni agricoli in genere, secondo
le antiche tradizioni.
Come è tipico della civiltà contadina, al sorgere delle prime
Comunità regoliere, molte norme erano state tramandate da una
generazione all'altra per via orale. Col tempo si rese necessario,
constatato l'ampliarsi delle consuetudini e l'avvento di nuove
esigenze sociali, fissare per iscritto in un articolato, il compendio
delle norme e delle usanze in uno Statuto, altrimenti chiamato
Laudo , cioè approvato (laudato) dall'Assemblea generale, riunita
tradizionalmente il Lunedì dopo Pasqua.
Il Laudo stabiliva l'obbligo della presenza dei Regolieri (rappresentanti
delle Famiglie altrimenti dette "fuochi") alle Assemblee per assumere
le deliberazioni sulla gestione della Regola.
Una prerogativa fondamentale dell'Assemblea era ed è l'accertamento
dei requisiti per il riconoscimento del diritto di appartenenza
alla Regola secondo il "vincolo agnatizio" (ossia per discendenza
dei soggetti, in linea maschile, dagli antichi abitanti originari),
ma anche, a determinate condizioni, per una certa durata di residenza
continuativa sul territorio degli abitanti non originari e loro
comprovata compartecipazione ed interessamento alle attività
comunitarie.
Al riguardo è il caso di' osservare che l'acquisizione
del diritto di partecipazione alla Comunità regoliera non
poteva essere diversa in una società che, fino all'avvento
della Repubblica Italiana (1946), non prevedeva alcun diritto
di voto per le donne. Inoltre la sola residenza nel villaggio
per un certo tempo del soggetto venuto da fuori, detto "foresto",
non era sufficiente a fargli acquisire il diritto di partecipazione
alla comunità se non fosse stato accompagnato dall'altro
requisito della sua compartecipazione alle attività comuni.
Il che, trattandosi essenzialmente di lavori agricolo-forestali,
potevano essere svolti da persone stabilmente abitanti ed ammesse
a tale partecipazione per volontà incontestabile dei Regolieri
originari, che non avrebbero certo consentito ad un estraneo di
andare con il proprio bestiame sui pascoli della Regola o prelevare
legname nelle foreste della medesima.
Si tratta dunque di acquisizione di un diritto per decisione
di chi ne disponeva e poteva concederlo e non per un automatismo
(dimora stabile per un certo periodo). I singoli fuochi come tali
partecipavano all'uso e sfruttamento dei beni collettivi, sia
che fossero costituiti da molti membri o da uno solo e, quindi,
ogni Famiglia disponeva nell'Assemblea di un unico voto. Questa
fissava le norme di comportamento dei Regolieri, i tempi ed i
modi nello svolgimento delle pratiche agro pastorali, l'uso dei
fabbricati ed attrezzature pastorali, l'assegnazione di legname
per la costruzione, il "rifabbrico", dell'abitazione
alle nuove Famiglie e la manutenzione, il "fabbisogno",
di quelle esistenti. Inoltre l'Assemblea generale provvedeva alla
designazione elettiva dei Regolieri alle varie cariche di gestione
del patrimonio, con durata periodica e differenziata per i vari
compiti specifici di ogni servizio (marighi, laudatori, saltaci).
Da qui derivò il nome di "Regola", ossia Comunità
sorretta da una "legge" autodatasi democraticamente.
I compiti dell'Assemblea regoliera erano i più ampi e
diversi e spaziavano dallo stabilire le modalità colturali
delle terre agricole e pascolive, fissando i tempi e i periodi
stagionali per la seminagione ed il raccolto delle granaglie,
la fienagione e le pratiche del pascolo, sanzionando pecuniariamente
chi vi trasgrediva; assegnando all'utilizzo diretto di Famiglie
in particolari condizioni di bisogno, a rotazione quinquennale,
porzioni del territorio regoliero, chiamati colonei, vincolare
(vizzare) parti dei boschi al divieto di taglio delle piante per
impedirne il dissesto idrogeologico, creando un'area protetta
detta viza, e regolamentare il prelievo del legname per l'assegnazione
ai Regolieri dei cosiddetti fabbisogno e rifabbrico necessari
alla costruzione e restauro delle loro abitazioni private. Inoltre
questo compendio normativo riportava gli obblighi cui erano tenuti
ad osservare i componenti della Comunità col dare gratuitamente
delle prestazioni lavorative per l'esecuzione delle cosiddette
"opere di Regola". Queste consistevano essenzialmente
nella costruzione e manutenzione di strade tra e negli abitati,
di quelle campestri e forestali, nella regimazione dei corsi d'acqua,
nella coltivazione e sfruttamento boschivo, nella formazione di
nuove aree pascolive e seminatine da sottrarre al bosco mediante
l'abbattimento delle piante, per la costruzione e manutenzione
di malghe e casère, di
impianti d'uso collettivo quali molini e segherie e tutte le altre
opere in genere necessarie alla vita comunitaria.
Queste prestazioni erano per norma obbligatorie a turnazione
fra tutti i Regolieri, come quella dedicata alla vigilanza notturna
dei villaggi per prevenire gli incendi, detta "de la bora
guardia", ed in genere tutti gli interventi d'una certa entità
cui non poteva far fronte la singola Famiglia.
E' bene ricordare che, al di la della preoccupazione di sanzioni
eventualmente comminate dal capo Regola al singolo Regoliere poco
collaborativo, gli abitanti erano naturalmente ben disposti ad
aiutarsi vicendevolmente per le singole necessità individuali
e collettive e per il generale progresso del proprio Paese.
Questa unità di intenti esplicata dalle generazioni stanziali
ché si sono succedute nel popolare la montagna con una
serie di insediamenti, ognuno dei quali formato da una aggregazione
di case d'abitazione spesso plurifamiliari con annessi rustici
(stalle e fienili), attorno ad una Chiesa più o meno spaziosa
ed importante, hanno connotato il tipico paesaggio alpino, che
ancor oggi si può individuare nelle Valli del Cadore.
Nei secoli passati ogni villaggio aveva quindi la propria Regola,
organizzazione necessaria ed indispensabile, quale antico retaggio
della primordiale società longobarda, per affrontare collettivamente
le difficoltà date dall'abitare un territorio per molti
versi ostile e con scarse possibilità di esercitarvi fruttuose
coltivazioni agricole.